Lo scorso 15 novembre APS Como Fipsas aveva ripreso sulla sua pagina facebook un mio commento sul convegno svolto quello stesso giorno a Milano dedicato al tema alloctonia.
Il titolo era “Si può fare di più” e con esso – rivendicando l’autonomia della politica sui tecnici – auspicavo che una politica davvero coraggiosa dovesse ambire a farsi mediatrice di interessi e aspirazioni non necessariamente convergenti, senza arrendersi a posizioni di parte e a letture parziali.
Posso quindi dirmi soddisfatto quando oggi – nella diretta facebook organizzata da Fishingmania.it insieme a Unione Pesca Sportiva della provincia di Sondrio , UPBS Unione Pescatori Bresciani , Unione Pescatori del Trentino e Claudio Canova della Federazione Bacini Bellunesi – il senatore Simone Bossi, a commento del suo emendamento sugli alloctoni appena approvato dal Senato della Repubblica, ha detto che (minuto 13’48”) “ovviamente mi sarebbe piaciuto fare di più”? Assolutamente no.
Forse potrei allora compiacermi di averci preso un mese e mezzo fa, quando ai minuti 7’10” e 9’30” lo stesso senatore Bossi ha dovuto riconoscere che la prima bozza del suo emendamento – per poter essere approvata – è dovuta passare dalla revisione dei tecnici del Ministero della Transizione Ecologica?
Neanche per sogno.
La verità – e la colpa non è certo del senatore Bossi, al quale va sicuramente riconosciuto l’impegno di battersi con passione per la causa – è che se la politica continuerà ad abdicare al proprio ruolo di mediatrice, rinunciando a una revisione dell’impianto normativo del decreto direttoriale 2 aprile 2020 senza obbligare la lettura conservazionistica di Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale a un confronto con una realtà articolata e complessa come quella delle acque interne italiane, la fine della pesca in montagna sarà solo rimandata di un paio di anni.
Ripartire dalle carte ittiche regionali ha senso solo se si accetta di confrontarsi con l’alterazione inesorabile degli ecosistemi fluviali legata ai cambiamenti climatici, al dissesto idro-geologico, al sovra-sfruttamento a fini idroelettrici; e poi certo anche al problema dell’introgressione genetica delle specie autoctone.
Un lavoro quello del Nucleo di Ricerca e Valutazione, che non può sottrarsi al confronto collaborativo con regioni e associazioni concessionarie.
E il ruolo della politica sta tutto qui: pretendere che il confronto porti a una mediazione e non a un progressivo appiattimento a favore della posizione dominante. Qualsiasi essa sia. Marco Corengia

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